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Google Arts&Culture presenta “We wear culture”

Google Arts&Culture ha presentato “We wear culture”: 3000 anni di storia della moda e del costume riuniti nella più grande raccolta online; un ambizioso progetto multimediale frutto di una collaborazione con oltre 180 istituzioni internazionali, vanta tra i partner italiani il Museo Salvatore Ferragamo,

la Fondazione Micol Fontana o ancora Palazzo Fortuny, Palazzo Mocenigo, Palazzo Madama, il Museo MAXXI e la Fondazione Gianfranco Ferrè.

We wear culture” sarà così in grado di offrire agli utenti un vero e proprio viaggio virtuale in 3mila anni di moda per scoprire come la storia abbia influenzato il nostro modo di abbigliarci nonchè di percepire il “fashion”. In particolare, “We wear culture” mette a disposizione ben 450 mostre multimedialiche permetteranno di scoprire realtà quali l’antica Via della Seta, il movimento del punk britannico ma anche l’evoluzione del denim o degli indumenti dei minatori. Quello proposto da Google Arts&Culture sarà quindi un vero e proprio percorso nel cuore della moda, reso unico anche dall’utilizzo della realtà virtuale. Tutta la collezione è online gratuitamente su g.co/wewearculture e sull’app mobile di Google Arts & Culture per iOS e Android. 

Attraverso video in VR, disponibili su YouTube o attraverso un visore, sarà infatti possibile ammirare:

  • L’abito nero di Chanel da Parigi, in Francia (Musée des Arts Décoratifs 1925), che ha cambiato radicalmente il codice di abbigliamento dell’indumento nero, rendendolo un pezzo esclusivo nell’armadio di ogni donna;
  • Gli stiletto di Marilyn Monroe di Salvatore Ferragamo da Firenze, in Italia (1950-60), i tacchi a spillo rosso scarlatto che sono divenuti espressione di legittimazione, successo e sensualità per le donne;
  • Maglia e gonna Comme des Garçons da Kyoto, in Giappone (1983), con cui Rei Kawakubo ha portato l’estetica e l’artigianato del design giapponese tradizionale sul palcoscenico mondiale;
  • Il corsetto di Vivienne Westwood da Londra, nel Regno Unito (1990), che celebra l’interpretazione unica della stilista di uno degli abiti più controversi della storia.

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