Sono entrati ufficialmente in vigore i decreti governativi che permettono ai consumatori di avere notizie certe, attraverso le etichette sulle confezioni, riguardo le provenienze di riso e grano. Il cartellino dovrà contenerne obbligatoriamente, come già fatto per il latte e i suoi derivati, l’origine, con l’obbiettivo di tutelare sia gli acquirenti che il Made in Italy.
Non è un mistero infatti che negli ultimi anni c’è una spiccata tendenza verso i prodotti del BelPaese, percepiti come sinonimo di qualità. Le sanzioni, per le aziende che non si adegueranno alle nuove leggi, arriveranno fino a 40mila euro.
La stessa cifra viene applicata anche a quelle imprese alimentari che non indicheranno correttamente la presenza di allergeni o che vendono alimenti oltre la data naturale di scadenza. La trasparenza deve essere perseguita anche in Europa. A tale proposito i nostri rappresentanti stanno conducendo una battaglia atta a introdurre regole sempre più chiare anche oltreconfine. Ma, a fronte di alcune vittorie sul piano diplomatico e normativo ci sono però altre intese da trovare: All’interno dei nostri supermercati, rimangono ancora numerosi i prodotti che non hanno ancora il dovere di indicare l’origine delle materie prime.
Coldiretti, con l’intento di accelerare questo iter, ha avviato una raccolta di firme da portare al Parlamento Europeo per contrastare questa sorta di cibi fake che molto spesso troviamo sulle nostre tavole. Sono ancora troppi gli alimenti lasciati senza normative stringenti e tra questi ne troviamo alcuni davvero importanti per la nostra alimentazione: salumi, ragù, succhi di frutti, prodotti sottolio, marmellate sono ancora, nella maggior parte dei casi, esenti da etichettature specifiche. Tutto ciò crea inevitabilmente una certa confusione, come se esistessero prodotti di Seria A e di Serie B.
La richiesta legittima del consumatore è invece quella di essere sempre informato sull’origine del prodotto che andrà ad acquistare. Senza se e senza ma.
